domenica 5 febbraio 2012

Una umanità meravigliosa


[squillo di telefono, scatta la segreteria]
Ciao Sophie, sono io, Sebastian. Se sei lì, ti prego, rispondi...

Ok, diciamo allora che non ci sei. Mi è successa una cosa, proprio ora. Dieci minuti fa, neanche, e volevo raccontartela...
 
[Sebastian sospira, accettando suo malgrado di confidarsi con una macchina]
... spero solo che questo affare non stacchi sul più bello. Comunque, dicevo...

Stavo tornando a casa - qui è tutto un manto di neve - e le strade sono ghiacciate. Sono passato accanto ad una di quelle cabine per le fototessere, hai presente? una di quelle grottesche scatole di plastica e metallo con su stampato il tizio col papillon rosso e la camicia a righe, che mostra sorridente la patente. Ha una tendina blu per porta e dentro lo sgabellino regolabile che gira su se stesso.

Da dietro la tendina ho visto spuntare due gambe, magre, avvizzite, in pantaloni lerci, corti e scarpe sfondate. Era un'immagine forte, a suo modo... o magari era l'aria gelida a darle maggiore impatto. Non saprei dire.

Sono salito su a casa e non riuscivo a non pensarci. Quella immagine era una scheggia conficcata nella testa (o come dici sempre tu: un sassolino nella scarpa), sicché sono andato a prendere una coperta di pile che da troppo tempo prendeva polvere, inutilizzata e sono tornato giù.
Ho "bussato" alla cabina e dentro c'era una vecchia, stretta in un abbraccio irrigidito con se stessa, vestita troppo leggera per questo cazzo di clima; mi guardava spaventata.
Senza dire una parola le ho porto la coperta, ma lei non la prendeva e allora ho parlato:
"Fa freddo. Prendi. Ti devi coprire..." e lei ha risposto spaventata "NO!".


Balbettava un "no" dopo l'altro, ripetuto ed ossessivo. Ho avuto la netta impressione che non fosse proprio a posto, ma non volevo che si agitasse e perciò non ho insistito. Ho poggiato la coperta subito fuori dalla cabina dicendole che la lasciavo lì mentre lei ripeteva ancora "no, no... io... no" e sono andato via.
Ebbene questa cosa mi ha fatto star male. E ancora ci sto pensando, sai? Fa un cazzo di freddo; ha ricominciato a nevicare...


Ho sbagliato le parole, Sophie? I modi? Tu dici sempre che li sbaglio, i modi... e per quel che riguarda le parole, beh, tu mi conosci: lo sai che sono in grado di fottermi il cervello a furia di cercarle, le "parole giuste". Avrei dovuto pregarla di accettare la coperta?

So cosa stai pensando... anche io all'inizio mi sono detto "non la vuole perché non vuole elemosina" ma poi ho incrociato quel suo sguardo e la sensazione che ne ho tratto era che lei davvero non volesse la coperta. Da nessuno.
Mentre andavo via però, "sconfitto" giravo l'angolo della via di casa e pensavo che se avesse accettato con un sorriso, mi sarei sentito buono, bravo, migliore e ho pensato che sarebbe stato molto "caritatevole". Una bontà da manuale, ecco, sì.
Una elemosina forse non ipocrita, ma che sembrava ipocrita ed ho sentito - per un solo momento, breve, netto - che il suo rifiuto aveva reso l'umanità meravigliosa. Più reale del "vero", che spesso sembra stupido.

Ma è stato un istante. Tanto breve da riuscire a stento a farne un ricordo.



Ora ti devo salutare, ché non ho più gettoni. Un alibi d'acciaio per chiudere una telefonata e tornare con la mente a quella stupida cabina.
A quella stupida vecchia, che è riuscita a farmi sentire per un istante così euforico e per una notte intera così triste.


Buonanotte, amore mio.

[la cornetta riagganciata piano, schermo nero, rumore di gettoni scaricati nella cabina telefonica misti a passi che si allontanano spaccando ghiaccio e pressando neve]

6 commenti:

  1. Per un periodo della mia vita ho portato spesso generi di prima necesità a senzatetto vari. Ho anche passato un capodanno a bere in loro compagnia, tempo fa. Ed ho notato una cosa: c'è chi accetta di buon grado tutto, obbligato a stare nella condizione in cui si trova, riconoscendo l'esplicita ipocrisia di chi spesso fa azioni di questo tipo perchè erano persone trovatesi a vivere così per puro caso. C'è anche chi non c'è con la testa e reagisce in maniera del tutto istintiva, in assenza parziale o totale di una capacità corretta di ragionare.
    Ma c'è anche chi voleva tenermi fuori. Chi avverte che dal mondo di cui faccio parte non può più venir nulla di buono. Chi ha il rifiuto dell'esterno come parte principale della propria identità, perchè da quell'esterno non potrà mai provenir più nulla di buono, perchè da lì non ha mai ricevuto nulla.
    Chissà questa persona di chi faceva parte. Non riesco più a trovare il giusto e lo sbagliato, quando ripenso a tutte le differenti reazioni che suscitavo.

    Ale. Quello dello Sziget.

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  2. Ciao Sebastian, sono Sof, ero passata per farti un saluto, ma stai dormendo e non posso aspettare oltre, ho atteso un po' gironzolando tra la neve vicino a casa tua e ad un certo punto mi sono trovata davanti ad una macchinetta per foto istantanee, sul sedile c'era un biglietto sporco, e vista la coincidenza del nome citato, credo di doveroso lasciarlo a te. Vado a casa, chissà ... forse mi hai pure telefonato stanotte mentre ero fuori, alla prossima amor mio: Sophie

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  3. "... tante notti avevo dormito sotto ad una coperta fatta di sole stelle, altre volte la pioggia aveva accompagnato le mie tristezze, ma questa notte credo che sia stata dopo tanto tempo, la notta più calda che io abbia mai vissuto. Non so quanti gradi sotto lo zero ci sono,
    nemmeno come sono giunta alla macchinetta delle foto sulla strada e deciso che sarebbe stata la mia stanza per stanotte - sono vestita leggera, le mie scarpe son luride come i pantaloni che indosso da tempo.

    Provavo da ore a dormire, anche se il freddo in realtà mi sta uccidendo.

    Chissà ... forse stavo iniziando a sognare casa mia, i miei vecchi affetti, quel che avevo lasciato alle spalle da anni e che da anni nemmeno più mi cerca o crede morta, oppure forse sognavo un vecchio camino che non scaldava, mentre incredula mi chiedevo come mai il fuoco in quella stanzetta non facesse calore

    Quando ad un tratto ... a scaldarmi con il suo gesto, ci ha pensato un tizio venuto dal nulla, o almeno lo era per me, che sino ad allora non lo avevo mai visto.

    A pensarci bene mi ha spaventata parecchio mentre allungandomi una coperta diceva "tieni ... devi coprirti, è troppo freddo!" - gli ho urlato di NO, di NOO,
    e altri NO, li ho detti tutti come spari di una mitraglietta costringendolo ad andarsene lasciando a terra la coperta che poco prima aveva in mano e voleva accettassi. Chissà perchè aveva fatto quel gesto?

    Forse era la solita elemosina ipocrita di chi ha qualcosa da farsi perdonare, forse voleva davvero mi coprissi per paura il freddo mi uccidesse e si preoccupava per me, forse ignora che per certa gente la morte è una liberazione, oppure ha dimenticato di quando era lui che stava male e qualcuno le porgeva qualcosa sperando fosse in suo aiuto, lui lo rifiutava come ho fatto io con lui.

    - chissà, forse era pure uno di quelli che ad una donna ogni tanto dice

    "che morirà giovane" e non immagina che al cuore di lei,

    quel che lui sostiene ferisce come il mio NO stanotte -

    L'ho guardato allontanarsi da me, il suo passo era mi giungeva triste, avrei voluto gridargli "non ho freddo!" - avrei forse voluto spiegargli che la mia vita non è fatta di una notte dentro ad macchinetta istantanea per foto, ma che ha radici più lunghe e malate - avrei persino preso la coperta se fossi stata certa che avesse potuto fargli capire che non sempre davanti a questo obiettivo fotografico di strada ci sono io, ma che spesso in altre stanze o luoghi potrebbe esserci lui ...

    Chissà come si chiamava quel tipo strano dall'animo spigoloso e gentile?

    So solo che mentre chiudo ora nuovamente gli occhi per riprovare a dormire, la mia mente sta riguardando delle immagini di un cartone animato che vedevo insieme a mia figlia - non ricordo nemmeno il nome di quel ragazzino che nella foresta era amico di un orso e una pantera, che si faceva incantare da un serpente.

    Era così strano il suo nome che di rispolverarlo dalla memoria proprio non mi riesce

    - il freddo mi brucia le ossa, la coperta a terra sembra

    gridarmi "stupida, prendimi su ...!" - dondolando la porto così verso me e mentre mi copro ricordo che quel bambino del cartone animato, i suoi amici più cari lo chiamavano cucciolo d'uomo ...

    forse però a pensarci bene, non era poi così tanto cucciolo e magari si offederebbe pure, se sapesse che lo sto chiamando così ...

    Gli occhi son ormai serrati, più dal freddo che per il sonno, il tepore della coperta inizia a scaldarmi, ma mai quanto il suo gesto, sorrido mentre cedo al gelido sonno e senza nemmeno capire perchè penso ad un strimizito "notte Sebastian", mentre il fuoco del camino finalmente prende a far caldo e pure lui forse sotto le coperte s'addormenta rincalzato dai miei No che era solo un dirgli "non son più abituata che qualcuno pensi a me."

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  4. Non son brava come te a scrivere, ma sono una vecchia sognatrice dal pensiero sempre in corsa e mi è piaciuta l'idea di giocare sul tuo testo con i due commenti qui sopra ... non volermene! Baci Lupa

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