martedì 1 marzo 2011

Ode to my coffee

Io adoro il caffè. Io amo il caffè. Sono talmente irrimediabilmente dipendente da questa bevanda che non solo ci sto scrivendo un post sopra, ma smetterò di scriverlo per il tempo necessario ad andarmene di sopra per farne una caffettiera e proseguire la stesura con una tazza davanti.

Eccoci. Dicevo: caffè.

Lo uso per i fini più disparati: per svegliarmi come si deve; per restare sveglio; per calmarmi (giuro. E funziona pure); per levarmi il groppo alla gola se sento che mi viene da piangere; come aiuto per concentrarmi sul lavoro; come scusa per alzarmi dalla scrivania al lavoro; per attaccare bottone con le donne ("...ti va un caffè?"); come detergente intimo; come carburante per l'automobile e come lubrificante per il motore; come bevanda afrodisiaca e come rimedio alla stitichezza; come cura per la tosse ed inevitabilmente come scusa per fumarci sopra una sigaretta.

Quando riesco a fare un viaggio all'estero, la prima cosa che cerco è un bar/locale/cazzo-di-luogo-qualsiasi in cui facciano un caffè decente. Perché escluse Spagna, Francia e Svizzera, le popolazioni straniere pare non siano state informate dell'esistenza di questa bevanda straordinaria. Lì si beve il caffè lungo, che:
1) non fa un cazzo;
2) si fredda prima di finirlo tutto;
3) quando non si fredda è perché te lo servono a 7200 gradi Kelvin ed al primo contatto con la lingua perdi definitivamente l'uso delle papille gustative tutte;

Ricordo il viaggio ad Amsterdam (il cui resoconto nel "vecchio" Taccuino aveva addirittura una sezione a sé) in cui per giorni sono stato costretto a quella brodaglia infame che gli olandesi chiamano "caffè", ma che in realtà è acqua marrone...
Una giornata dopo l'altra giravo la città alla ricerca disperata di un posto in cui lo facessero come iddio comanda. Ed iddio comanda che lo si faccia come lo facciamo in Italia. Dopo quattro giorni di saudade e sonnolenza ho trovato un bar con l'insegna della illy.
Ai miei occhi era come avvolto in una luce angelica; sono pronto a giurare di aver sentito anche un coro da Empireo (ooooooooooooooohhhhh), quando ho scorto il logo per la prima volta.

Mi ci sono precipitato dentro ed ho chiesto un espresso, quasi con le lacrime dall'emozione agli occhi. La ragazza al bancone sorride e mi chiede  un euro e cinquanta. Esclamo "mecojòni" restituendo il sorriso e le allungo una banconota da cinque, felice come un pupo. Due minuti dopo mi porge una tazzina colma sino all'orlo: praticamente un Nescafè in tazza piccola.
Sul mio viso si è dipinta un'espressione di profonda delusione. Nella mia immaginazione ero in ginocchio sotto la pioggia - inquadratura dall'alto - e gridavo a pugni stretti verso il cielo, con il volto vergato da un rio de lagrime: "NOOOOoooouuuuuooooOOOOhhh!!!"

Mentre ero impegnato ad immaginarmi lì, come un povero stronzo, ho cominciato a leggere per bene la lista delle varianti di caffè serviti nel locale: solo allora ho riguadagnato un minimo di speranza accorgendomi che nei Paesi Bassi il caffè che dico io si chiama "espresso ristretto" (non è una traduzione; era scritto proprio in italiano).
Riprendo coraggio, metto da parte la tazzina di brodaglia schifa maròn e le chiedo "espresso ristretto, please".

Altri due minuti ed altri due euro (cazzo, un euro al minuto, manco Ruby...) ed eccola lì, davanti a me: una tazzina di caffè vero. Aveva pure la cremina sopra.

Questa volta il mio di sorriso sovrasta quello della ragazza, mentre prendo la tazzina con delicatezza, quasi si trattasse di un'importantissima reliquia. Mi porto davanti alla vetrata del locale, che pareva uscita da un quadro di Hopper e finalmente lo bevo.

Grande emozione.

Ne ho immediatamente chiesto un altro, rispondendo "don't worry, I am Italian" alla tizia, che cercava di spiegarmi - preoccupata - che non dovevo lasciarmi ingannare dal fatto che fosse così poco: "it is very strong; it is concentrated". Se solo potesse vedermi ora, mentre scrivo, con la moka da quattro accanto.

Quando morirò - ed andrò all'inferno - sono quasi certo che lo Stige sarà fatto di caffè. Sicuro, cazzo. Per quello è nero. Sarò tra quelle anime dannate che durante la traversata cercano di bere "giusto un sorsetto" prima di arrivare dall'altra parte. Con le temperature che ci sono lì sarà pure bello caldo: una svolta. Ed è probabile che darò il voltastomaco allo stesso Caronte. Ché è importante riuscire a distinguersi, in certi contesti.

6 commenti:

  1. L'immagine di caronte che te serve il caffè e lo sorseggi sullo stige è fenomenale, se ne avessi voglia la disegnerei XD

    RispondiElimina
  2. Oooooh! Eccheccàzzo! Meno male che ce stai te, Patch a lascia 'no straccio de commento. Bèllo de Stoogge tuo!

    RispondiElimina
  3. Me lo ricordo... il tuo viaggio ad Amsterdam

    RispondiElimina
  4. E certo che te lo ricordi... ancora ti sono grato, per il supporto :*

    RispondiElimina
  5. Io ricordo il racconto del tuo viaggio ad Amsterdam. Del caffé, che dire? Sono da quasi 5 anni in Messico e continuano a spacciarmi "il nescafféristretto" per espresso. Un paio di posti in cui lo fanno decente li ho trovsti, ma decente non é necessariamente "buono".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Capisco perfettamente quando dici che "decente" non significa buono... Eppure devo ammettere che nella mia immaginazione (forse solamente per un certo cliché?) il Messico era fornito di OTTIMO caffé, preparato nel migliore dei modi! Evidentemente mi sbaglio. :(
      Respect, Maryah!

      Elimina