lunedì 16 maggio 2011

Le bestie sono libere


Il tepore delle coperte è finalmente un sollievo. Il freddo è come il ferro che si ti si infiltra nel sangue: si accumula, lungo le giunture, alle mani, i piedi, le ginocchia, i gomiti... E quando ti tocchi, per un attimo, senti gli arti gelidi e pensi che siano già morti, mentre il resto del corpo ancora non lo sa.
Il computer in grembo non resta freddo come dovrebbe; il dissipatore non sta facendo il proprio lavoro ed il portatile è diventato una specie di borsa dell'acqua calda con un miliardo di funzionalità in più.

Sono le tre del pomeriggio e mi sento protetto dagli oneri altrui. Il mondo è all'opera. Tutti sanno cosa debbono fare e si stanno muovendo per farlo. Nessuno farà caso a me, fermo sotto le lenzuola a scaldarmi le giunture con la mia borsa d'acqua calda hi-tech. Sono fermo. In altri giorni questo stesso pensiero - l'immobilità - mi avrebbe torturato, spaventato, ingolfato di ansia da prestazione, ma l'urgenza che cresce dentro di me, questo nuovo modo di stare male, confezionato come un vestito su misura mi permette di cogliere la pace, la tranquillità di questo istante e di goderne come altrimenti non potrei mai fare.

Sono ancora qui. Immobile. Decido quale realtà artificiale osservare nelle prossime ore. Spierò il monitor come fosse il buco di una serratura e assaporerò vite altrui come un qualsiasi prodotto di consumo. Ore, minuti, mesi, anni, secoli di violenze e soprusi, torti indicibili balleranno davanti a me con il solo intento di distrarmi dal freddo, dal dolore, dalla sensazione di perenne scomodità che mi sono procurato in questi anni. Tutto intorno ci saranno personaggi pronti a vivere e morire solamente perché io mi distragga a sufficienza da non pensare.

Il trucco è tutto lì: non pensare.

E' così che mi sono convinto dell'efficacia della meditazione; così ho capito gli eremiti e i santi di ogni cultura: grazie alle mie "scelte sbagliate" ora conosco il segreto dell'astrarsi dal corpo. E ho imparato una lezione più grande, che ha dato un senso e un equilibrio alla mia esistenza: quel che è "male" o che è oggettivamente "sbagliato" non è semplicemente un errore da sanare e non commettere mai più. I miei scivoloni possono e devono essere materiale edile altrettanto utile a lastricare la strada che solo io sto spianando. Non sono fermo come pensavo. Non esiste una vera inerzia nella vita delle persone. Siamo tutti oggetti su un piano inclinato e scivoleremo verso la direzione del piano, che ci piaccia o no. Tutto ciò su cui possiamo in qualche modo intervenire è l'attrito. Possiamo scivolare più rapidamente - bruciando tappe e vedendo un percorso più lungo - oppure possiamo farlo più lentamente, osservando con attenzione e più in dettaglio quel percorso, ancorché ridotto.

E quando il sangue avrà finito di pompare, ci sarà comunque una strada tracciata, un sentiero disegnato dalle mie scelte. La vera curiosità che mi resta è domandarmi se quel "sentiero dei mattoni dorati" verrà battuto da altre persone o se piuttosto resterà vuoto... spazzato dal vento, riempito dalle erbacce, abbandonato a riempirsi di feci di bestie rare. Perché gli animali, loro se ne sbattono di "giusto e sbagliato". Le bestie percorrono ogni strada come fosse niente. Le bestie, quelle vere, sono libere.

8 commenti:

  1. "cosa abbiamo in comune io, te e mark renton?"

    (ti cito)
    (ci tua)

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  2. La cosa che accomuna buona parte dei racconti che scrivi, è il piacere che hai nel narrare le sensazioni e lo fai ovviamente a modo tuo, rendendo, anche se non sempre, originale il modo di pensare alcune cose che appartengono alla quotidianità e non. Noto poi che partendo da autobiografici pensieri concludi sempre con l'astrarre sempre verso pensieri più ampi

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  3. Grazie Patch,
    però questa volta - ovviamente - non sono partito da spunti autobiografici! :)
    Ad ogni modo era QUESTO che intendevo quando ti ho chiesto di commentare. Bravo Paciullòzzo bbèllo de Fede tuo!

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  4. Suggestivo, ben strutturato, con quel tanto di hi-tech che lo rende attuale.
    Potrebbe funzionare come io narrante di una scena cine-holliwoodiana. Anche se in quel caso non userebbero casa tua, ne sceglierebbero o una strafica con vista su L.A. o un monolocale senza finestre invaso da vestiti e piatti da lavare, hai presente quello del protagonista de "La sposa turca"? ma non stavo parlando di holliuoud? Ma centra _stooge con oliwould? Ma come si scrive ...

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  5. si scrive "Ol' Lee would", ossia: "il vecchio Lee lo farebbe". Mi pare evidente.

    p.s. thank you, Mr. Elastico :]

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  6. Mi piacerebbe trovare più roba come questa in libreria.
    Mi dice bene che c'è il Taccuino Rosso, ed è pure aggratis!
    Ciao Fred
    ;)

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