[soundtrack: Mount Wroclai (Idle Days) - Beirut - Gulag Orkestar (Ba Da Bing! 2006)]
Il primo giorno sono stato svegliato - al solito - da un forte brivido all'altezza dei reni. Mi sono rigirato nel letto, invocando clemenza a Morfeo perché mi lasciasse dormire ancora. Così avrei staccato il cervello dal resto del corpo e sarei riuscito a far passare altro tempo.
Del resto il trucco è quasi tutto lì: riuscire a far passare il tempo.
Naturalmente in quel limbo, sospeso tra la veglia ed il sonno, mi sono chiesto quanto ancora avrei dovuto aspettare; ho cercato di immaginare un risveglio diverso, ma esistono pensieri più scomodi e pericolosi di altri. Così ho preferito cambiare questo con l'altro. Più malinconico e più intimo, ma pur sempre utile allo scopo che mi sono prefissato.
La mattinata è passata lentamente, ma inesorabilmente.
Per distrazione, per i mille impegni, quel che è... ma è successo. In modo naturale. Tant'è che semplicemente non me ne sono accorto. Ho cercato per mesi di riuscirci ed è stata una interminabile sequela di fallimenti. Molto spesso umilianti ammissioni di debolezza mi hanno portato di qualche passo indietro...
Stavo facendo fiasco giorno dopo giorno e con quella stessa frequenza mi procuravo alibi di ogni tipo e genere, purché scaricassero dalle mie spalle la colpa di quella incapacità di agire che mi ha legato peggio di un grosso cane alla catena del giardino.
Ed ora la catena è sfilata dal gancio. Ora posso decidere di scappare. Avrò ancora addosso tutto il metallo freddo, sporco, arruginito, pesante, ma se decido di farlo posso andarmene via dal giardino cui ho fatto la guardia per tutto questo tempo. Lento pede, trascinando le mie zavorre, posso - ancora un'altra volta - andare via da qui.
Vorrei prendere del sushi e mangiarlo su ponte Sisto, guardando il Tevere sotto di noi e le statue degli imperatori uccisi dal progresso sopra le nostre teste. Vorrei, ma non lo faccio, perché non sei più tu, quel centro di gravità intorno al quale seguire l'ellittica: una traiettoria definita dall'attrazione. La cosa più intrinsecamente sensuale che ci sia nel cosmo.
Così chiamo qualcun'altra e divido con lei questo momento. E' piacevole, ma non la stessa cosa. Non è mai la stessa cosa.Il quinto è giorno di grande orgoglio! Il corpo risponde come deve; la mente è iperattiva come si confà alla fine di un lungo e desiderato letargo. Ritorna l'energia, torna il mattino, vuoto. Torna la vita. Tornano le emozioni, le persone, le relazioni; torna il vigore e con lui il rancore, l'amore per quell'uomo che negli ultimi dieci anni avevo deciso di ignorare: me stesso.Durante tutto il pomeriggio mi comporto come un neonato nel corpo di un adulto: guardo, tocco, pizzico e ascolto: non mi pare vero di essere "qui ed ora".E sorrido, per dio. Sorrido. Come non succedeva da quando siamo andati in tram a quella mostra terribile su Chagall. Il giorno in cui Roma era calda, afosa, nel bel mezzo di un gennaio inspiegabile, che portava con sé l'ingenua promessa di restare insieme, tu ed io. Il giorno in cui mi hai guardato, seduta, ma dondolante insieme a tutti gli altri passeggeri, dicendomi con un sorriso ed uno sguardo indimenticabile: "sei molto bello, con questa luce, sai?".
Posso vedere la mia espressione attraverso lo specchio. Riconosco un volto diverso dal solito, ma allo stesso tempo più familiare di quanto non sia riuscito ad essere negli ultimi anni.
Riprendo i fili di rapporti sopiti dal sedativo della mia pigrizia farmaco-indotta. Parlo con le persone e ricomincio a sentirle davvero. Nel bene e nel male - certa gente sembra che non possa proprio annoiarti più di così - mi sento come ributtato in un mondo fatto di individui alla ricerca di una connessione umana. O forse solamente di un paio di orecchie a cui affidare le proprie perle di saggezza, le piccole depravazioni socialmente accettabili e gli episodi di vita vissuta. Alcuni persino con tanto di morale in calce...
Il sesto giorno mi siedo davanti al portatile che fuori è ancora buio, ma tra poco il sole sorgerà. Inizio a spiegare disordinatamente gli eventi dei giorni passati come si fa con gli oggetti tirati fuori dalla valigia al ritorno da un viaggio. Ho bisogno di osservarli nel loro insieme; devo trovare il "fil rouge" e capire, finalmente, in quale punto io mi trovi, in questo "camino de Santiago" surreale e allo stesso tempo vero come poche altre cose lo sono state, ultimamente. Ed è così che penso ancora una volta a te. E decido di mettere le mani aperte sulla tastiera iniziando a scrivere: "Il primo giorno sono stato svegliato...". Del resto devo lasciar uscire in qualche modo questa cosa dal petto. O anche oggi sentirò questo strano plasma bruciare e smanierò dal desiderio di strapparmi la pelle di dosso
" ...e voi cosa volete? di che cosa vi fate? dov'è la vostra pena? qual è il vostro problema?
perché vi batte il cuore? per chi vi batte il cuore?..."
[ CCCP - "Valium, Tavor, Serenase" - Affinità - Divergenze tra il Compagno Togliatti e Noi
(1986) ]
Eppure tutto va bene, va proprio tutto bene...
RispondiEliminaNon dimenticare.
meglio un medicinale o una storia infernale?
RispondiEliminaSi sta male a leggerti, Fred.
RispondiEliminaOppure bene.
Indifferenti mai.
grazie Alke :)
RispondiEliminasto avendo maggiore risposta di quanto non immaginassi...
ok.. ammetto di non aver capito.. ma erano anni che non passavo di qua..
RispondiEliminamagari un giorno ci faccimo questa lunga telefonata..
baci
Bina
strrrap
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