giovedì 14 luglio 2011

Two mexican dances


Certe musiche hanno nell'armonia e nella ritmica una disperazione dolce, morbida, come una crema di gelato, ma col sapore di certi sbagli che - se potessi tornare indietro - non commetteresti di certo.. Hanno il potere di trascinarti in un mondo che nemmeno avevi immaginato, sino a quel momento.
Queste musiche hanno nomi, autori e spartiti, ma il carico che trasportano un vero nome non ce l'ha. E' una cosa che ciascuno chiama a modo suo. A volte ti fanno pensare solo a chi vorresti accanto nell'ascoltarle e vieni preso da quello strano raptus del tipo "se-voglio-posso-farlo" ed è lì che inizi a visualizzare la scena. E la visualizzazione - si sa- è la forma di sogno lucido più amata dal genere umano.

Il bello è guardare il paesaggio sonoro, anziché ascoltarlo e basta. Guardarlo significa spesso assentarsi da sé stessi per un momento che dura poco, ma che sembra ridarti l'energia di un anno intero. E di colpo riesci a tornare bambino. Tutto è più semplice, più chiaro. Ricordi che si può essere felici anche solo sdraiati da qualche parte a parlare di tutto quello che puoi scegliere di fare; le vie che la tua vita ancora non ha preso sono promesse di successi e fallimenti formativi. Non c'è dolore e non c'è rimorso in stanze come quella. Solo accettazione e conforto. E profumo di caos. E non parlo di quel vortice caotico dei rapporti umani e degli incastri con le persone. Parlo di un pozzo pieno zeppo di tutte le cose che puoi decidere di fare, se proprio vuoi.

La musica ha in effetti questo potere. E per quanto totalizzante e spaventoso possa essere, rimane sempre un abbraccio strano. Come se a stringerti non ci fossero braccia, ma tutto il bene ed il male del mondo, nel loro superbo equilibrio. In un inossidabile legame in cui i momenti belli - proprio come quelli brutti - sono in continuo passaggio.

Cercate di essere gentili... sono al quinto gin tonic. Se non straparlo finisce che vomito.

2 commenti:

  1. A Fred...
    Mi fai sentire la mancanza dei soldi, mannaggiatté. Se ne avessi tanti comprerei una casa editrice (facciamo un esempio concreto?) defenestrando proprietari vicepresidentesse e amministratori per pubblicare quello che cacchio mi pare a me, tipo una bella raccolta di racconti tuoi.
    Ecché.
    Ciao!
    Laura

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