giovedì 24 marzo 2011

Romeo is bleeding

Mi sono detto "mio dio..." non tanto per lo sporco, ché in questa cazzo di città ogni vicolo è un tripudio di lerciume, quanto per i colori assurdi della via morgue.
Il palazzo sulla destra è giallino ocra malaticcio, ma brillante, con le mura scrostate che lasciano intravedere l'anima verde scuro, residuo di due pinture fa.
A sinistra invece un bianco unto, che in confronto la mia pensione è hollywood. Finestrelle semi rotte con persiane nelle stesse condizioni affacciano ad intermittenza sulla strada. Qualche neon singhiozza e due puttane mi squadrano dalla testa ai piedi.

Ma è il sangue la cosa più assurda.

Ce n'è praticamente dappertutto: rappreso e non. Di cadaveri nemmeno l'ombra, ma ci sono chiazze di - credo - AB positivo un po' ovunque.
Una lunga scia raggiunge le scale anti incendio del palazzo bianco unto. Segni di mani che non riescono ad afferrare bene per tutto lo scorrimano.
Inizio a salire sempre più su, di piano in piano, sino al tetto, da cui posso godere di una vista che - al massimo dell'accomodante - potrei definire "urbana".

Eppure a me piace.

Sarà sporco, lugubre ed anche un tantino anti-igienico, ma è il mio quartiere questo. Ci siamo scelti l'un l'altro ed eccoci qua. A fissarci col distacco di chi le cose le accetta per come vengono. Si muore tutti i giorni. Non vedo l'eccezionalità...

Prendo un lungo, morbido respiro e continuo a seguire la scia di sangue, che si inerpica sui tubi, scavalca i cornicioni e di palazzo in palazzo arriva al limite dell'isolato. Fermandosi davanti ad un baratro alto cinque piani.
Ci sono degli stracci strappati grossolanamente, sul pavimento. E le tracce di sangue finiscono qui. Probabilmente Otis si è organizzato per fermare l'emorragia. Altrimenti l'avrei trovato qui, esanime. E invece il figlio di puttana ne è uscito anche questa volta.
Se fosse un gatto direi che ha proprio sette vite, ma Otis non è un gatto: è un bastardo. Perciò ne ha parecchie di più...

Davvero non riesco ad immaginare da che parte se ne sia andato; seguire i suoi rivoletti bordeaux è stato semplice. Ora toccherebbe riconoscerne le tracce. Ed io non sono molto bravo in queste cose. Poggio allora lo zaino e ne estraggo la tromba. Mi sembra davvero un posto perfetto per un piccolo fraseggio notturno.
Inizio con un misolidio ascendente, verso la Luna. So che le piace e me la guardo, tra una nota e l'altra. Lei ricambia lo sguardo e ci salutiamo come due amanti che non si vedono da troppo tempo. Costretti da un desiderio crescente, come lei, con la gobba rivota verso ovest.

E un attimo infinito, quello in cui trattengo la nota culminante della scala perchè lei senta che non è una serenata per chiunque. E' importante che capisca che è a lei che sto "parlando".
E non appena ho soffiato dentro l'ultimo semitono vedo sbucare Otis, da dietro un cabinotto di metallo. Sta battendo le mani e sogghigna.

"Sebastian è più bravo, ma te la cavi anche tu", dice enfatizzando il suo ghigno.
"Non sono certo qui perchè tu esprima i tuoi giudizi sulla mia musica.." - e ripongo il mio strumento nello zaino, cercando di muovermi con disinvoltura.

"non ti scomodare" ed estrae la pistola, puntandomela verso la faccia. Io ho la mia ben stretta nella mano, ancora in fondo allo zaino.

"Vedi Romeo, sapevo che saresti venuto a cercarmi" - ha il braccio sinistro completamente zuppo di sangue e l'impermeabile strappato - "e così ho pensato che avresti seguito le tracce di sangue fin qui; e so anche che sei una schiappa nel seguire di nascosto la gente."

"Meno schiappa di quel che pensi". Mio dio, che frase idiota. E' stata la cosa più intelligente che mi sia venuto in mente di dire. Ancora non ci posso credere. Tra tutte le frasi ad effetto (e non ad effetto) che avrei potuto sfoderare... tra tutte le battute sferzanti del mio repertorio, sono morto cercando di dire proprio la frase più stronza e inutile.
Già.. su "di quel" Otis ha premuto il grilletto. Diverse volte.
Mi ha fatto saltare via un occhio; ha fatto esplodere l'orecchio destro; bucato il collo da parte a parte. 


[cambio scena]

"E lo ha finito con un colpo dietro la nuca, guardi qua"
L'addetto all'autopsia, il signor Guillé-Doutelle, mostrava con macabro fervore e malcelata ammirazione, quanto Otis fosse stato feroce ed allo stesso tempo metodico, con quel "John Doe". Quel cadavere non identificato, che aveva avuto premura di sfregiare con un serramanico, con un taglio sul viso, da parte a parte.
"E' la sua firma, questa: Otie Grin ci teneva a far sapere in giro che è stato lui a combinare questo macello. Questo qui, mon cher collègue, non è un cadavere. E' un messaggio. Forte e Chiaro"

I due si allontanarono dalla scena circa mezzora dopo, camminando lungo Sullivan street, dove tra un barbone addormentato ed una puttana triste, un contrabbasista suonava le note di "in the mood", abbracciando il proprio strumento come un ubriaco che si tiene in piedi solo grazie al proprio compagno di sbronze.

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